Il libro ______________
In questo “Il libro delle emozioni” (Feltrinelli) Umberto Galimberti si concentra su un tema centrale della contemporaneità, ovvero quello delle emozioni e di come queste siano sempre più rimosse dalla razionalità tecnica e dall’uso pervasivo della rete.
Il libro è un vero e proprio atlante per «una terra ancora in gran parte sconosciuta» e non perché le emozioni siano poco studiate, ma perché sono un mistero che si forma «nella parte più antica del nostro cervello» per poi ripercuotersi «nelle parti considerate più nobili della nostra psiche».
Nella prima parte Galimberti fa un racconto storico e filosofico della “vita emotiva” partendo da Platone e il dualismo anima e corpo, passando da Cartesio e il mondo fenomenologico. Nella seconda parte inizia a guardare come vengono vissute oggi le emozioni, introducendo anche il concetto di “emozione estetica”, che è stato un sentire particolarmente penalizzato durante la pandemia. La parte finale è particolarmente dedicato alla scuola, in cui enumera i funesti effetti della digitalizzazione sull’educazione delle emozioni, provando anche a dare delle soluzioni di riforma scolastica in cui sia prioritaria la formazione e non l’acquisizione di competenze.
Perché leggerlo _____________
Si tratta di un libro estremamente interessante, anche perché qui Umberto Galimberti nel trattare delle emozioni immerge la filosofia nella psiche e si “sporca le mani” applicando il tutto alla contemporaneità.
La parte centrale è sicuramente quella più stimolante perché attraversa una serie di temi di grande interesse: l’esposizione della vita emotiva, la perdita del pudore, il mercato dell’intimità, la mercificazione delle emozioni, la spudoratezza scambiata per sincerità, l’inseguimento della visibilità, la virtualizzazione dei corpi, la scomparsa dell’amore romantico e i siti d’incontri online e la trasformazione mediatica del modo di pensare e sentire sono alcuni dei temi che il filosofo e accademico lombardo affronta con un certo livello di profondità e di conoscenza.
Galimberti è consapevole del fatto che la rete non sia un “mezzo” da usare a nostro piacimento, bensì un un “mondo” in cui siamo immersi e che quindi ci codifica e ci modifica; inoltre è consapevole del fatto che internet abbia creato molte opportunità, inedite fino a ieri, per stabilire contatti e creare relazioni, tuttavia non dispone “delle risorse emotive e fisiche che fino a ieri sostenevano questi contatti e queste relazioni”.
Secondo Galimberti l’internet non è portatore di un pensiero, ma solo «fruitore di immagini, con conseguente impoverimento delle capacità di comprensione, ragionamento, giudizio critico». E da qui, sostiene ancora, che deriva la perdita delle emozioni e della loro risonanza, prodromo dell’incapacità di distinguere, anzi di “sentire”, la differenza tra il bene e il male. L’unica speranza, conclude, ce la può dare la scuola con il ruolo principale dell’educazione e lo scopo di sviluppare l’intelligenza relazionale e il giudizio critico.