Il libro ______________
Stiamo vivendo il secolo della solitudine. Ne è convinta l’economista inglese Noorena Hertz, che lo scorso anno in pieno lockdown ha fatto uscire questo libro, tradotto oggi per i tipi de Il Saggiatore.
Ovviamente tutto questo non deriva dal Covid, ma affonda le sue radici a partire dagli anni ’80: la solitudine a cui fa riferimento la Hertz non è solo uno stato interiore ed esistenziale, ma ha origini sociali, economiche e politiche. Oggi la solitudine, secondo l’autrice, è l’effetto del capitalismo attuale e il risultato dei rapporti fra società e individuo, capitale e lavoro: in pratica il nostro sentirsi privi di legami e di affetto include anche il sentirsi esclusi dalla politica, tagliati fuori dal nostro lavoro e dall’ambiente nel quale lo svolgiamo ed esclusi dai benefici della società.
Secondo la Hertz la perdita della comunità parte con l’affermazione del capitalismo neoliberista negli anni 80, che ha accelerato le diseguaglianze, dato più poteri alle imprese e alla finanza, rivoluzionato profondamente le relazioni economiche e umane, riducendo così l’uomo al solo stato “economicus”, preoccupato unicamente dei propri interessi personali. Gli smartphone e i social media hanno ancora più radicalizzato tutto questo, con la conseguenza pratica che oggi in USA 3 persone su 5 si considerano sole e il 60% degli inglesi non conosce il nome dei propri vicini.
Perché leggerlo ______________
Ci sono alcuni approfondimenti di particolare interesse. Innanzitutto la Heertz sostiene che i movimenti populisti di destra abbiano fatto molto leva sulla solitudine per creare nuove comunità basate sul malcontento e la protesta, dal partito xenofobo a Donald Trump negli States.
L’altro aspetto interessante, secondo il punto di vista dell’economista inglese è come questo “io frammentato e solo” si sia manifestato globalmente in una società che non si è preoccupata di attenuarne il disagio, ma piuttosto di assecondarlo, con poche risposte e proposte tese a respingerlo a favore di un ritorno alla collettività. Come? Attraverso una serie iniziative, dal co-working al co-housing, dove alla fine le protagoniste erano le imprese che hanno dato vita più spesso a forme di comunità a pagamento, da commercializzare anche a caro prezzo, con il paradosso dell’inclusione “esclusiva”. Quindi una sorta di wewashing come nuovo greenwashing, un’offerta che non ha la possibilità né l’intenzione di offrire nuova solidarietà. Per non parlare dei robot da compagnia e di altri sostitutivi sociali.
L’ultimo capitolo è dedicato alle possibili soluzioni e alle azioni di contrasto. Qui emerge la forte critica della Heertz al capitalismo neoliberista e un ritorno alla comunità che passi attraverso governi, politica, partiti, sindacati e individui. Manca invece del tutto “il terzo settore” forse poco sviluppato nel tessuto anglosassone in cui opera l’autrice.