Il libro __________
Innanzitutto diciamo che “Plenitudine Digitale” è un libro fondamentale per comprendere questi tempi ed è un peccato che da quando è uscito durante l’estate se ne sia parlato poco in giro. Jay David Bolter è davvero uno dei più interessanti osservatori dei media, capace di una analisi approfondita e originale, mescolando abilmente la storia dei media e delle tecnologie, la cultura mediatica e i fatti quotidiani. Proviamo nel nostro piccolo a rendergli giustizia, anche grazie al databook ideato da Giorgia Lupi
Partiamo dal titolo “Plenitudine digitale”, magari poco sexy da pronunciare, ma dal significato pregnante. La plenitudine digitale è lo stato in cui ci troviamo immersi noi oggi, ovvero un universo di prodotti mediali (dai social media ai videogiochi, dalla musica al cinema) e pratiche (le realizzazione di tutti questi prodotti insieme ai loro remix, alla condivisione e critica) talmente vasto, vario e dinamico da non risultare intellegibile come un tutto unico. Un’ecosistema mediale, quindi, fatto di equilibri variabili, relazione mutevoli tra formati e device, dove non esiste un vero centro e nemmeno demarcazioni tra gerarchie culturali e dove soprattutto non esistono utenti ma comunità di pratica a cui si appartiene per passioni e competenze.
Questa descrizione massimalista è il punto di partenza di Bolter per descrivere la complessità attuale dei media evitando però posizione tecnofile o luddiste. La cosa interessante è che, secondo l’autore, la perdita di senso della distinzione tra cultura alta e bassa, arte e creatività e di tutte le altre gerarchie non costituisce un pericolo per la società, ma lo è per la politica. Perché parallelamente alla plenitudine digitale vi è la perdita di potere delle élite tecniche e politiche e che, insieme all’abbondanza generata dalla plenitudine digitale, ha dato vita al successo di Trump, all’invasione delle fake news, al populismo e alla post-verità da social network.

Parole chiave ________
Bolter non si sofferma troppo a dare giudizi, ma cerca di individuare tendenze e linee guida e, come se conoscesse il modo in cui facciamo le recensioni qui a Lead and Read, basa il volume su quattro scale valoriali ai cui estremi di collocano coppie di concetti antitetici ma compresenti.
Catarsi / Flusso
Sono i due principali valori estetico-narrativi. La catarsi è la forma su cui si basano i film di successo, i romanzi e buona parte della musica tradizionale che puntano a provocare quella liberazione emotiva che avviene grazie all’identificazione con un protagonista. Il flusso altro non è che il nostro scrollare continuo nella timeline dei social dei contenuti dei nostri follower o di quello che abbiamo concesso all’algoritmo di propinarci. Oggi queste due dimensioni non solo hanno pari status, ma spesso convivono insieme. Un esempio classico sono le serie tv: le lunghe narrazioni come Lost o Game of Thrones rifuggono alla classica aristotelica forma narrativa a cui ci ha abituato tanta sceneggiatura hollywoodiana – in cui alla situazione iniziale segue il conflitto e la risoluzione – ma si espandono nel tempo e si rendono sempre “abitabili” per nuovi personaggi e per le loro storie, spesso rifuggendo dalla fine, ma rilanciando ogni volta.
Questa mescolamento spiega, ad esempio, anche perché negli ultimi quattro anni in USA Trump abbia dettato la linea politica attraverso twitter.
Originalità /Remix
Anche questi due estremi hanno la stessa dignità e si pongono allo stesso livello. Il remix rappresenta per Bolter la dimensione ludica della plenitudine. Dalla musica hip-hop e dance ai meme, dalle fan-fiction ai mille montaggi condivisi sui social media. Mentre un tempo nell’ambito dello sforzo creativo la nostra cultura attribuiva il valore massimo all’originalità, oggi il remix è una pratica alternativa ampiamente accettata. Anche perché il remix non ha carattere di esclusività ed è aperto alle influenze di altre forme di massa. Un postmodernismo popolare che, a differenza del postmodernismo classico che era appannaggio di certe élite, è invece democratico e accessibile a tutti. Oggi gran parte della politica antagonista e di protesta basa molte campagne sul concetto di remix , da Greenpeace a Wikileaks, rifiutando concetti come gerarchia o proprietà. Tuttavia l’originalità continua ad esistere e ad essere alla base dell’economia della cultura mediale.
Organicità-spontaneità / Proceduralità-datificazione
A fianco della classica organicità che caratterizza gran parte della cultura mediale tradizionale, c’è una dimensione procedurale alla base dell’interazione e della partecipazione che caratterizza l’intero universo digitale, regole e azioni che l’autore tratta in modo analitico con un particolare focus sulla datificazione, ovvero l’importanza sempre più crescente dei numeri e dei quantificatori del sé nelle nuove narrazioni, a cui non si sottrae quella politica.
Storia / Simulazione
Quest’ultima parte è un interessante analisi del mondo dei videogiochi, linguaggio fondamentale per capire la plenitudine digitale. I videogiochi fanno proprio il concetto scientifico di «simulazione» e ne rimuovono il necessario legame con la costruzione di una teoria sul mondo. A differenza dei film e dei romanzi che hanno una fine, i videogiochi non ce l’hanno ma si basano sulla rigiocabilità e questo l’avvicina, secondo l’autore, al concetto scientifico di simulazione, di trial and error. Inoltre, scrive Bolter, per la cultura gamer la simulazione sostituisce la storia, e la sensazione individuale di sentirsi immersi nella storia è sostituita dalla percezione di un presente e un futuro simulati in cui tutto è possibile. Questo in parte influenzerà l’approccio e la visione nei prossimi decenni della classe dirigente.