Il libro __
Etnografia digitale. Il termine non deve spaventare con quel suo mettere insieme metodi di ricerca novecenteschi legati all’antropologia con il nostro vivere contemporaneo e interconnesso. Dietro c’è un concetto molto semplice, ovvero l’osservazione – con metodo e criterio – delle persone che stanno sulla rete, in particolare sui social, gruppi chiusi e community, per osservare e capirne linguaggi condivisi, usi, costumi e rituali.
Questo agile saggio scritto da Alice Avallone, scrittrice, ricercatrice e coordinatrice del College di Digital Storytelling della Scuola Holden, non è solo un manuale pratico che fornisce alcune chiare linee guida per un approccio etnografico sulla realtà digitale, ma è un’interessante sguardo sulla rete, dove oggi le persone si incontrano e dove si formano le opinioni e le idee.
Sul libro vi sono alcune metafore particolarmente efficaci. L’illustrazione della macchina fotografica in copertina rappresenta proprio l’approccio da tenere: etnografia digitale significa infatti andare a ficcare il naso in gruppi e community senza inquinare, infastidire, ma solo fotografando. Alice Avallone insegna qui a guardare, inquadrare il soggetto, allestire la scena, per poter così scattare la foto con credibilità, metodo e scientificità.
L’altra metafora è tutta geografica e riguarda la rete – come in “The Game” di Baricco, del resto: un mondo che è popolato da grandi isole (i principali social media), isole minori (i forum e le community legati a portali e siti di e-commerce) e isolotti (i blog e siti privati).
All’interno del libro si parla dei rapporti psicologici che si possono instaurare tra le persone in rete, su come riconoscere eventuali “marchette” (influencer prezzolati) e profili fake (ne sono stati rilevati ben 583 milioni solo su Facebook nel primo trimestre del 2018). Poi si spiega quali sono le principali motivazioni che portano le persone a far gruppo in rete e le dinamiche che si vengono a creare. Un capitolo è dedicato a temi delicati come credibilità, retorica e la dimensione dell’aspirazione che in rete rivestono un valore particolare. Il quinto e ultimo capitolo insegna invece a scrivere un diario etnografico, con un paio di esempi pratici.
In fondo al volume sono presenti alcune pagine lasciate in bianco da utilizzare per le note di ricerca sul campo per il proprio primo diario etnografico.

Parole chiave __
In un libro che ha lo scopo proprio di individuare ed analizzare le parole chiave all’interno delle conversazioni dei gruppi online, proviamo a nostra volta ad evidenziarne qualcuna del libro
Offline → Online
Questi due termini li proponiamo qui sotto forma di antonimi, ma è solo come antifrasi. In tutto il libro infatti si ribadisce come oggi non sia più concepibile parlare di online e offline come due mondi separati. Ormai il confine è sempre più labile, in certi casi è addirittura sparito (si parla infatti sempre più spesso di onlife). Così avviene anche nell’attività dell’etnografo digitale, dove in pratica valgono le stesse regole che deve adottare l’antropologo classico: per passeggiare tra le persone di una comunità o tra i profili online di Facebook viene richiesto sempre lo stesso garbo, educazione e rispetto.
Identità → Rappresentanza
Questo è una dicotomia che l’etnografo deve tenere sempre presente. Sul digitale le persone – tutti noi, quindi – tendiamo a controllare in modo più accurato come ci rappresentiamo, e quindi cosa dire, cosa non dire, cosa fotografare e condividere etc… La nostra immagine quindi è spesso falsata. Tuttavia anche questo scarto non solo racconta molto di noi, ma cambia a seconda del tipo di social media – ad esempio, su Instagram tendiamo a privilegiare l’aspetto estetico, mentre su Facebook, siamo più critici e polemici – e a seconda dei temi trattati, che siano gattini, i goal della Juventus, le canzoni di una popstar o la formazione di un partito politico. Tutte queste variazioni devono essere conosciute dall’etnografo digitale prima ancora di entrare in contatto con le popolazioni.
Parole → Meme
Ogni comunità ha un repertorio di parole che hanno la capacità di cementare un senso di appartenenza – l’autrice fa spesso riferimento al libro “Lessico Famigliare” di Natalia Ginzburg del 1963 – e i gruppi di internet non si sottraggono a questa consuetudine. Alle parole però qui si aggiungono nuovi elementi di senso come gli emoji, hashtag, le GIF e i meme, quest’ultimi sono combinazione di visual e copy che diventano chiavi di volta per reinterpretare la porzione visiva e comunicare con gli altri in modo più immediato, leggero e stimolando la partecipazione e il coinvolgimento. Con una serie di esempi concreti sul libro, spessp anche divertenti, si affronta il tema in tutta la sua varietà.
Osservazione → Immersione
E’ un tema cardine dell’antropologia e dell’etnografia classica quello di come si deve porre lo studioso quando si trova all’interno di una comunità. La tecnica etnografica più classica è quella della Osservazione Partecipante, per facilitare l’empatia umana e permettere una visione olistica, grazie alla capacità mimetica del ricercatore nel guadagnare la fiducia del gruppo. Ovviamente l’etnografo non deve dichiarare apertamente i propri obiettivi di studio, tuttavia deve continuare a rimanere se stesso. Nel libro vengono dati alcuni utili suggerimenti guida per non essere scoperti, ma senza costruire profili falsi e, soprattutto, senza mai dare giudizi morali.